Come si guarisce dall’omosessualità? In nessun modo, perché da curare non c’è nulla


Come si guarisce dall’omosessualità? In nessun modo, perché da curare non c’è nulla. Ciò che va curato – ciò di cui bisognerebbe prendersi cura – è il mondo che ci circonda, riflesso di ciò che abbiamo dentro. Come un enorme specchio, dalle luci colorate, infinite e spesso abbaglianti, il mondo ci offre dolore e gioia.

Molti non amano la comunità LGBT, vista come un’anomalia da inseguire – con odio – ma da non imitare o seguire. Il brutto – o bruto – è chi osserva? È l’osservato? Ogni giorno, in questo maledetto mondo pieno di benedizioni, qualcuno vorrebbe guarire chi non appare conforme alle regole imposte da una società sempre più spesso sessista e omofoba. Non lasciarsi abbagliare da qualche vittoria è importante, non accontentarsi è indispensabile. Tagli sul corpo e nell’anima di uomini e donne – al di là dell’orientamento sessuale – e ferite pronte a produrre altro dolore: anche questa è la realtà che ci circonda.

 

Donne e uomini pronti a tutto pur di vedere gli altri – chini – sull’altare di ciò che ritengono giusto e puro. Spesso queste persone vorrebbero guarire gay e lesbiche senza chiedersi cosa sia la (loro) serenità e la felicità. Preferiscono rimanere ciechi – perché il potere acceca, così come l’ignoranza… – sperando di non vedere i propri errori e l’orrore che spargono su questa terra.

Chi deve guarire? Loro, dall’omofobia e dal desiderio di non voler essere MAI empatici con ciò che li circonda.




E gli omosessuali? Sì, devono guarire. Diventando se stessi, diventando comunità e singola persona. Diventando orgoglio, puro. Cercando di far sbiadire il colore della sofferenza e facendo splendere l’arcobaleno che molti vorrebbero soffocare…

Gay Pride a giugno? Certo. E per gli altri giorni che colore indossare? Lo stesso, non in marcia e non vicini, e con la certezza di essere guariti da una sola ed unica malattia: la rabbia di chi non ci vuole felici.

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